13 novembre 2010
E’ ora di staccare la spina
La rottura tra Fini e Berlusconi è la conseguenza della
crisi, non ne è l’effetto, come cercano di far credere i pasdaran berlusconiani.
Se la maggioranza di destra è a pezzi è perché in due anni e
mezzo di governo la guida del Paese è stata fallimentare: disoccupazione all’11%;
crescita zero (mentre la Germania cresce del 3%); scuola e Università in
ginocchio; Rai sull’orlo del fallimento economico; Napoli nuovamente sepolta
dai rifiuti; L’Aquila in attesa di una ricostruzione mai avviata; enti locali e
mondo della cultura in rivolta per tagli insostenibili. E il riemergere di una
questione morale che investe il capo del Governo, importanti ministri e
esponenti della maggioranza.
Per tutto questo c’è la crisi e il Governo è una nave inesorabilmente alla deriva. Ed è
francamente irresponsabile che Berlusconi pretenda di continuare a governare
quando non ha più la maggioranza, né le condizioni per farlo.
Si prolunga così inutilmente un’agonia che ha effetti
nefasti sull’Italia e sugli italiani.
E’ ora di staccare la spina.
1 ottobre 2010
Una fiducia inutile
Berlusconi ha ottenuto la fiducia da Camera e Senato. Ma questa volta davvero si tratta di una “vittoria di Pirro”.
Nel suo discorso alla Camera Berlusconi è infatti apparso senza una visione, un progetto, un’idea dell’Italia e del suo futuro. Ha stancamente ripetuto le promesse di sempre, cercando di far dimenticare che 8 degli ultimi 10 anni sono stati governati dalla destra e nessuno degli obiettivi via via indicati ha visto la luce.Il che toglie qualsiasi credibilità agli impegni di oggi, destinati anche essi a tradursi in illusioni.
Anche il tentativo di fare a meno di Fini è fallito, perché i numeri hanno dimostrato che senza il sostegno dei finiani Berlusconi non ha più una maggioranza autosufficiente.
Insomma: la fiducia di un giorno non ha risolto la crisi, che rimane del tutto aperta e con la conseguenza che nei prossimi mesi avremo un governo debole che vivrà alla giornata mentre tutti i problemi del paese si aggraveranno.
Ragione di più per accelerare l’apertura di una fase nuova e la costruzione di un nuovo progetto di Governo che restituisca fiducia agli italiani e diventi punto di riferimento per tantissimi cittadini che vogliono vivere in un Paese diverso
30 luglio 2010
La crisi di Berlusconi
La rottura tra Fini e Berlusconi non è un temporale
d’estate, né soltanto un fatto interno alla maggioranza di governo. E’ la
sanzione di una crisi profonda che si trascina da tempo e di cui ogni giorno ci
sono segnali evidenti.
Da mesi emerge una questione morale che investe esponenti di
primo piano della destra: Dell’Utri e Brancher condannati; Bertolaso, Verdini,
Cosentino, Caliendo indagati; Scajola costretto alle dimissioni.
Il tentativo di imporre una legge-bavaglio sulle intercettazioni
è fallito: non solo in Parlamento il testo è stato cambiato più volte, ma
soprattutto il suo esame finale è stato rinviato sine die.
Intanto la crisi economica continua a far sentire i suoi
morsi: la disoccupazione al 10%, l’inoccupazione giovanile al 30%, i redditi
delle famiglie sono diminuiti del 5% in due anni, manca una guida – come si è
visto nel caso Fiat – capace di contrastare la crisi economica e di rimettere
in moto sviluppo e crescita.
Nonostante ciò, Berlusconi cercherà di resistere in ogni
modo e non esiterà a trasformare la sua crisi nella crisi delle istituzioni.
Per questo spetta al PD e alle opposizioni contrastare il sovversivismo di
Berlusconi e avanzare una proposta che apra una fase del tutto nuova nella vita
della Repubblica.
5 luglio 2010
Una maggioranza allo sbando
Le dimissioni di Brancher offrono una duplice conferma. Dimostrano che la destra vive una fase di sbandamento, al punto che neanche Berlusconi si è intestardito a difendere una nomina indifendibile. E quelle dimissioni dimostrano che – contrariamente a quel che spesso troppo sbrigativamente si dice – l’opposizione c’è, si batte e ottiene risultati.
E’ uno scenario che potrà riprodursi anche per la legge sulle intercettazioni, su cui nella maggioranza si manifestano dissensi e malumori e contro la quale un’opposizione unita e determinata potrà battersi con ancor maggiore efficacia.
Così come la strada è sempre più impervia per Tremonti e le sue “stangate”, contestate dalle imprese, dal mondo della scuola e della cultura, dai sindacati e dall’insieme di Regioni, Provincie e Comuni, compresi quelli amministrati dalla destra.
E’ la conferma che per governare i numeri non bastano. Berlusconi ha una maggioranza che conta 100 deputati e 50 senatori di più dell’opposizione. Ma non ha un progetto per l’Italia e i suoi problemi.
18 giugno 2010
I sacrifici dei cittadini per pagare un ministro in più
Dopo tante parole demagogiche sui costi della politica, un
bel ministro in più.
Il Consiglio dei Ministri ha nominato Aldo Brancher “ministro
per il federalismo” in un governo che ha già un ministro per le riforme
istituzionali (Bossi), uno per la semplificazione legislativa (Calderoli), uno
per gli affari regionali (Fitto) e uno per la funzione pubblica (Brunetta),
cioè 5 ministri che si occupano delle stesse cose. Alla faccia dell’efficienza,
della semplificazione, del rigore.
E nello stesso tempo il Governo non nomina il nuovo Ministro
dell’Industria, questo sì un incarico di cui il sesto paese industriale del
mondo avrebbe bisogno.
Un vero e proprio scandalo. Uno schiaffo ai cittadini che
adesso sanno che i sacrifici imposti da Berlusconi e Tremonti servono a pagare
un ministro in più. Per di più inutile.
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